Alimenti e mantenimento: applicazione dopo la legge Cirinnà

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Il diritto agli alimenti:
nasce dallo stato di bisogno in cui versa l’alimentando e ha per oggetto quanto è necessario allo stesso per vivere dignitosamente secondo l’età, quindi alimentazione – vestiario – alloggio.
Quando una persona si trova in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio sostentamento nelle necessità minime, è previsto sorga l’obbligo di prestargli il necessario, ovvero gli alimenti, in via successiva tra loro, a carico di:
– coniuge;
– figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi i genitori, in loro mancanza gli ascendenti prossimi, gli adottanti;
– generi e nuore;
– suocero e suocera;
– fratelli e le sorelle germani (entrambi i genitori comuni) unilaterali (un solo genitore comune) con precedenza dei germani sugli unilaterali (art. 433 c.c.).
La misura dell’obbligo si determina in proporzione al bisogno e alle condizioni economiche dell’obbligato; chi deve somministrare gli alimenti può scegliere tra versare di un assegno periodico o ospitare direttamente l’alimentando. La misura del contributo è modificabile nel tempo se variano le condizioni iniziali (art. 438 c.c.).

  • L’art. 1, comma 65 L. 76/2017 (legge Cirinnà sulle unioni civili e convivenze di fatto) prevede che, in caso di cessazione della convivenza di fatto il giudice possa stabilire il diritto del convivente di ricevere dall’altro gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio sostentamento.
    In tali casi gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e con i criteri di quantificazione dell’art. 483 c.c. e il convivente è tenuto all’adempimento prima del fratello o sorella.
    La disciplina si applica ai casi di cessazione di convivenza intervenuta di fatto dopo l’entrata in vigore della legge, ovvero dopo il 05.06.2016.

Il diritto al mantenimento:
non presuppone uno stato di bisogno ma sorge in virtù di un rapporto di coniugio o filiazione e comprende tutto ciò che consente di vivere in modo adeguato alle possibilità economiche, reddituali e patrimoniali, dell’obbligato a versarlo. E’ quindi un contributo di natura diversa e contenuto molto più ampio rispetto agli alimenti, definito e disciplinato principalmente nelle norme relative alla separazione e al divorzio per quanto riguarda l’assegno di mantenimento al coniuge (art. 156 c.c. – art. 5 L. 878/1970 – legge divorzio), e in quelle relative ai rapporti con i figli (art. 315 bis c.c. – 316 bis).

  • L’art. 1, comma 25 L. 76/2017 prevede l’espressa applicabilità alle unioni civili di gran parte delle disposizioni di cui alla L. 898/1970 (legge divorzio), tra cui l’art. 5, c.o. VI che prevede la possibilità che il giudice disponga un assegno di mantenimento periodico in favore di una delle parti quando non ha mezzi adeguati o non può procurarseli per ragioni oggettive, tenendo conto della condizioni delle parti, delle ragioni della decisione del contributo personale ed economico di ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio personale e comune, del reddito di entrambi e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio.